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Correlazioni in Medicina



Fibrillazione atriale: morbilità e mortalità


La fibrillazione atriale è associata a un rischio aumentato di mortalità, eventi ischemici cerebro-vascolari e insufficienza cardiaca.
Nello studio di Framingham è stato dimostrato come la presenza di fibrillazione atriale aumenti il rischio di morte di 1.5 volte negli uomini e 1.9 volte nelle donne, in maniera indipendente dalla presenza di altre eventuali patologie cardiovascolari concomitanti o dalla fascia di età considerata.
Nello studio AFFIRM, la mortalità a 5 anni dei pazienti con fibrillazione atriale ( età maggiore di 65 anni ) è stata di circa 4.5% per anno.

In metà/due terzi dei casi di fibrillazione atriale la causa del decesso è un evento cardiovascolare, soprattutto ictus o insufficienza cardiaca.

La fibrillazione atriale è un fattore di rischio indipendente per l’ictus. Il tasso annuale di complicanze tromboemboliche è considerevolmente più elevato nei pazienti con fibrillazione atriale ( 4.5% ) rispetto ai soggetti di controllo ( 0.2-1.4% ), con un aumento di 5 volte e con un’incidenza di ictus invalidante del 2.5%. Tale percentuale supera il 7% se si sommano anche i TIA ( attacchi ischemici transitori ) e gli ictus silenti.

La fibrillazione atriale è responsabile del 15-18% di tutti i casi di ictus. Circa una persona su tre con fibrillazione atriale nel corso della vita va incontro a ictus.
Inoltre, gli ictus associati a fibrillazione atriale presentano una prognosi meno favorevole, con una maggiore prevalenza di invalidità a distanza ( rischio aumentato del 50% ) e una maggiore mortalità ( 33% a 3 mesi contro 20% nei pazienti senza questa aritmia sopraventricolare ).
Il rischio di ictus nei pazienti con fibrillazione atriale aumenta con l’aumentare dell’età e passa da 1.5% nei pazienti di età compresa tra 50 e 59 anni a 23.5% nei pazienti di età compresa tra 80 e 89 anni.
Oltre all’età avanzata, i principali fattori clinici predittivi di ictus nei pazienti con fibrillazione atriale comprendono lo scompenso cardiaco, l’ipertensione arteriosa, il diabete mellito e un pregresso evento cerebro-vascolare ( TIA o ictus ). Quest’ultimo rappresenta il fattore di rischio più importante associato a un‘incidenza annua di ictus maggiore del 5%, tale da giustificare, di per sé, l’indicazione alla terapia anticoagulante orale.
Altri fattori di rischio, definiti minori, sono il sesso femminile, l’età tra 65 e 74 anni, la cardiopatia ischemica, in particolare un pregresso infarto, la vasculopatia periferica e la presenza di placche aortiche.
Il rischio annuale di ictus per i pazienti con fibrillazione atriale parossistica ( 2.6-3.2% ) è paragonabile a quello dei pazienti con fibrillazione atriale permanente ( 2.9-3.3% ).

La fibrillazione atriale sembra associata anche a un aumentato rischio di perdita di memoria, decadimento cognitivo e demenza. In base allo studio di Framingham, l’incidenza cumulativa di demenza dopo il primo riscontro di fibrillazione atriale è del 2.7% a 1 anno e del 10.5% a 5 anni. Infarti miocardici silenti multipli sono stati considerati responsabili di questi disturbi. Altre possibili cause sono lo scompenso cardiaco generato dalla fibrillazione atriale e la disfunzione microcircolatoria determinata dall’ipertensione arteriosa che spesso coesiste con la fibrillazione atriale.

La fibrillazione atriale e l’insufficienza cardiaca sono due condizioni che spesso coesistono. Circa un terzo dei pazienti con fibrillazione atriale ha storia di scompenso cardiaco e dal 10 al 30% dei pazienti scompensati ha storia di fibrillazione atriale.
La prevalenza di fibrillazione atriale nello scompenso cardiaco aumenta con l’aumentare della classe funzionale NYHA ( da 4% in classe I a 50% in classe IV ). La frequente coesistenza di fibrillazione atriale e insufficienza cardiaca è giustificata dal fatto che entrambe le condizioni condividono gli stessi fattori di rischio e che la presenza dell’una predispone allo sviluppo dell’altra. In effetti, una volta che una delle due condizioni si manifesta, l’altra fa seguito con una progressione abbastanza rapida: 3.3% per anno per quanto riguarda lo scompenso cardiaco in pazienti con fibrillazione atriale e 5.4% per quanto riguarda la fibrillazione atriale in pazienti scompensati.
In base allo studio di Framingham, la comparsa di scompenso cardiaco nei pazienti con fibrillazione atriale comporta un incremento di mortalità del 2.7% negli uomini e del 3.1% nelle donne. Allo stesso modo, l’insorgenza di fibrillazione atriale nei pazienti con scompenso cardiaco aumenta la mortalità dell’1.6% negli uomini e del 2.7% nelle donne.
Molti meccanismi possono spiegare la coesistenza e lo stretto legame tra fibrillazione atriale e insufficienza cardiaca. La perdita del contributo atriale al riempimento ventricolare, l’elevata frequenza, l’irregolarità di durata dei cicli cardiaci e il ridotto tempo di diastole durante fibrillazione atriale portano a una riduzione della portata cardiaca e le aumentate pressioni di riempimento nello scompenso cardiaco favoriscono lo stress di parete, la dilatazione e la fibrosi atriale. Anche l’aumento del tono adrenergico e l’attivazione bioumorale tipiche dello scompenso cardiaco cronico contribuiscono a determinare quelle modificazioni del substrato elettrico che sono considerate responsabili dell’insorgenza della fibrillazione atriale.

Infine la fibrillazione atriale è la causa più comune della cosiddetta tachicardiomiopatia, una cardiomiopatia dilatativa che si sviluppa nei pazienti con fibrillazione atriale persistente o permanente a elevata frequenza di risposta ventricolare ( maggiore di 90-100 battiti/minuto a riposo ), caratterizzata da grave disfunzione ventricolare sinistra parzialmente o totalmente reversibile dopo ripristino del ritmo sinusale o adeguato controllo della frequenza.
I meccanismi alla base dello sviluppo della tachicardiomiopatia non sono ben definiti, tuttavia modelli animali suggeriscono un possibile ruolo per l’ischemia miocardica e l’accumulo di calcio intracellulare. ( Xagena2010 )

Fonte: Linee guida AIAC 2010 per la gestione e il trattamento della fibrillazione atriale, 2010


Cardio2010


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